Un’associazione di appassionati di storia locale e di escursionismo porta avanti il progetto di renderla nuovamente accessibile ai pellegrini di oggi: il sogno è quasi realtà.
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Nell’XI secolo, quando i pellegrinaggi si intensificarono, i viandanti avevano a disposizione una serie di strade per attraversare gli Appennini alla volta dell’Italia centrale, la più nota delle quali era ed è sicuramente la Via Francigena, tracciata grazie al diario di viaggio dell’arcivescovo di Canterbury nel 990.
Per chi arrivava a Piacenza, il primo passaggio per raggiungere Pontremoli e da lì Roma era però quello che attraversava la Val d’Arda, percorso noto già da molti secoli da mercanti, monaci e soldati. Questa e altre vie alternative alla Francigena erano considerate più sicure soprattutto nei periodi interessati da guerre – pensiamo ad esempio alle continue lotte tra longobardi e bizantini tra il VI e l’VIII secolo – o da malattie, perché più impervie e meno battute.
La via valdardese, come dicevamo, è attestata già nel 744 dc. Nel documento vengono citati tre monasteri, fondati a Fiorenzuola, Tolla (Morfasso) e Gravago (Bardi) da regnanti longobardi.
Ripercorriamola: da Fiorenzuola, seguendo l’Arda, si raggiungeva l’Abbazia di Tolla passando per Castell’Arquato con i suoi 6 ospitali, Lugagnano, Rio Martino e Mignano, nel territorio di Vernasca. Si guadava il fiume a Settesorelle, proseguendo sullo stradone di Genova verso i Casali di Morfasso per arrivare al passo del Pelizzone; da lì si scendeva a Bardi, in Val Noveglia, per giungere al monastero di Gravago, dove il cammino si congiungeva con quella che è oggi la Via degli Abati. Passando per Borgotaro e il passo del Borgallo, si arrivava infine a Pontremoli.
Recenti campagne di scavi hanno riportato alla luce a Monastero (Morfasso) i resti di tre chiese abbaziali sovrapposte nel corso dei secoli, con diverse pavimentazioni, un antico altare e diversi manufatti: la struttura complessiva è ancora interrata, in attesa di future campagne archeologiche.
Qui sorgeva l’abbazia benedettina di Val Tolla, costruita nel VII secolo in un luogo allora strategico dell’Alta Val d’Arda, e diventata in poco tempo monastero soggetto a protezione regia dalla giurisdizione ampia e autonoma: nel momento di massima espansione, tra i secoli XI e XII, si estendeva per circa 250 chilometri quadrati. Nel corso del 1300 la sua autonomia fu limitata dal comune di Piacenza e perse progressivamente importanza, fino al suo completo abbandono alla fine del ‘400.
Parliamo degli scavi dell’abbazia anche qui. Se vuoi visitare la zona degli scavi, trovi qui un percorso ad anello partendo da Rabbini di Morfasso.
Purtroppo dei monasteri di Fiorenzuola e Gravago non resta nulla.
“Nel mese di maggio è stata presentato ufficialmente il progetto con una tre giorni dedicata” raccontano Barbara Vascelli di EVA e Chiara Periti, guide turistiche e ambientali che fanno parte dell’associazione Via dei Monasteri Regi. “In questo momento il cammino non è ancora codificato ma ci tenevamo a dare un assaggio di quel che può offrire nella zona dell’Alta Val d’Arda.”
“La prima giornata è stata un’introduzione al territorio, con la scoperta di una delle valli meno antropizzate della provincia, la Val Chiavenna. Partendo dalla Torricella, il percorso si è snodato tra vigneti e ulivi per inserirsi nel percorso, ritracciato di recente dai Parchi del Ducato, di Rio Stramonte, nel parco regionale del Piacenziano, con i suoi terreni ricchi di fossili.”
“Da Monastero di Morfasso ha preso il via la seconda giornata con la visita all’unico monastero della via ancora visibile, i resti dell’abbazia di Val Tolla. Abbiamo raggiunto la sommità del parco provinciale tra le fioriture del maggiociondolo e siamo poi ritornati seguendo gli antichi sentieri dei dragoni napoleonici, che proprio a Taverne di Morfasso avevano posto la loro caserma.”
“Il terzo giorno è stato dedicato al medioevo e al Parco del Piacenziano: partenza da Lugagnano per arrivare al borgo di Castell’Arquato e ritorno, attraversando il sentiero delle ginestre in fiore sul monte La Ciocca e mostrando gli spettacolari calanchi dei monti Padova, Falcone e Giogo.”
Una domanda che molti si fanno è se si possa percorrere già da ora.
“Al momento no, non esiste ancora una cartografia specifica né una segnaletica, ma ci stiamo lavorando! Quello che si può fare ora è utilizzare la cartografia generica e rivolgersi allo Iat per avere indicazioni su dove mangiare e dormire.”
“Come associazione ci stiamo attivando per tracciare il sentiero e fornire tutti gli strumenti per percorrerlo in autonomia, indicando anche le possibili varianti e i luoghi da non perdere lungo la via.“
“Prossimo appuntamento: stiamo organizzando per il mese di settembre la presentazione del cammino effettivo, con la passeggiata da Fiorenzuola a Bardi. Continuate a seguirci per saperne di più e partecipare!”
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Il merito della riscoperta di questa via romea è dovuto in buona parte a Fausto Ferrari, appassionato camminatore e conoscitore di storia locale. Ferrari è presidente dell’associazione di cui fanno parte Ivan Leppini assessore di Lugagnano, Barbara Vascelli guida escursionistica del gruppo EVA, Chiara Periti guida turistica, Ture Magro direttore artistico di Sciara Progetti, Michele Antonioli di Guide Mtb Alta Val d’Arda, Massimo Chiroli responsabile Area Camper di Lugagnano. Aderiscono all’associazione anche la Via degli Abati con il suo presidente Elio Piccoli e i Parchi del Ducato.
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