Ci sono luoghi che, per la bellezza, la particolare posizione o storia, suscitano naturalmente questa connessione.
In Alta Val D’Arda, lontano dalle rotte del turismo di massa, è facile incontrarli: eccone alcuni.
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Chi percorre la strada da Lugagnano a Morfasso, poco prima di arrivare alla diga di Mignano, lo scorge sull’altra sponda dell’Arda. Sembra posato con leggerezza sull’erba: da questa posizione la forma tondeggiante del piccolo abside, perfetto nelle sue fattezze di pietra, appare come una visione.
Ci troviamo in territorio di Vernasca: per raggiungerlo, occorre svoltare a destra all’indicazione Mignano, poco prima di arrivare alla diga, che già compare a breve distanza. Arrivati a Mignano si lascia l’auto a bordo strada e si prosegue a piedi, imbocca uno stradello erboso quando l’oratorio compare sulla sinistra.
La sensazione è quella di una scoperta, accentuata dal silenzio e dalla quiete che il luogo emana. In estate il minuscolo borgo si anima della presenza di chi trascorre qui le vacanze, ma durante l’anno ha un solo abitante. Come molte frazioni dell’Alta Val d’Arda, anche Mignano ha visto gli addii di chi è partito per emigrare o semplicemente per spostarsi più a valle in centri più serviti.
L’oratorio di Mignano si trova qui dal XII secolo: sorge su un importante e documentato percorso medievale che collegava la Valle Padana con la Lunigiana, la Via dei Monasteri Regi. È dedicato a San Gemignano, vescovo di Modena: dell’originaria costruzione si è conservato solo l’abside in pietra squadrata, decorato all’esterno con archetti pensili e all’interno da bellissimi affreschi tardo medievali, restaurati di recente.
Ci apre la porta il parroco di Vernasca, Don Giovanni, che qui celebra messa una volta all’anno, di solito la prima domenica di settembre. In quell’occasione si svolge una piccola festa e il prato attorno all’oratorio si anima per tutto il giorno di voci e risate.
Gli affreschi illuminano la parete curva dell’abside dietro al moderno altare di cemento. Una parata di santi che andiamo a riconoscere dai loro attributi: a partire da sinistra, troviamo San Rocco, immancabile presenza nei luoghi sacri disseminati lungo le vie di pellegrinaggio, con la ferita della peste in bell’evidenza. La Madonna seduta in trono tiene in braccio Gesù bambino, che stringe tra le mani una colomba. Ecco San Gemignano, vescovo di Modena, accanto a una delle sante più note e amate, Santa Lucia, nella tradizionale iconografia che la rappresenta mentre regge i suoi occhi su un piattino. Infine, San Giacomo Maggiore, altro santo pellegrino, come San Rocco: lo riconosciamo dal cappello e dal bordone, il bastone del viandante appunto. La sua tomba in Galizia divenne nel medioevo meta di grandi pellegrinaggi, tanto che da lui quel luogo prese il nome che porta ancora oggi, Santiago di Compostela.
Come lo sappiamo? Nel 2005 si resero necessari scavi archeologici d’emergenza per salvare la necropoli altomedievale venuta alla luce con i restauri del 2001.
Furono riportate alla luce cinque deposizioni. Per la loro datazione, elemento fondamentale fu una moneta ritrovata nel corredo funerario – denaro d’argento emesso dalla zecca di Pavia tra 962 e 967 dc – elemento che permise di inquadrare tutto nella II metà del X secolo o poco dopo.
La chiesa di riferimento della necropoli non poteva essere quindi l’attuale oratorio, più recente, ma una chiesa precedente: alcuni resti sembrano essere proprio affiorati durante lo scavo, ma questo è ancora da indagare.
Indirizzo: Mignano – 29010 Vernasca (Piacenza).
Aperture: come dicevamo, l’oratorio è di norma chiuso. Per visitarlo occorre prendere appuntamento contattando lo IAT di Castell’Arquato o l’ufficio informazioni di Vigoleno, oppure partecipare alla messa di inizio settembre, portando con sé qualcosa da mangiare e da bere per trascorrervi la giornata in allegria.
Tiramani è una terrazza affacciata sul crinale dell’Alta Val d’Arda: la sua posizione molto esposta ha fatto guadagnare ai suoi abitanti il soprannome di sulliòn, solleoni. Per contro, sembra che anche la prima neve – quando cade, ormai raramente – arrivi prima qui che altrove nella zona. Ce lo racconta Andrea Losi, originario del posto, esperto di storia locale e appassionato narratore.
Il minuscolo oratorio di Tiramani sorge proprio in posizione di affaccio, a 882 metri di altitudine, in un punto panoramico davvero spettacolare. Da sinistra ammiriamo il Monte Moria, il Passo del Pelizzone, i monti Lama e Menegosa, il Monte Santa Franca per finire con le cime della Provincia di Genova. Per saperne di più su questi monti e i sentieri per percorrerli, clicca qui.
L’oratorio si trova nel Comune di Morfasso, sulla strada che conduce al passo dei Guselli.
È un edificio in sasso ottimamente conservato: la parte più antica è quella dell’abside, edificata tra il 1330 e il 1400 da tre famiglie del posto, Tiramani, Losi e Silva; il prolungamento è stato costruito nel 1600. Originariamente alle dipendenze dell’Abbazia di Tolla, è dedicato a San Lorenzo.
“La sua campana – ci racconta Andrea Losi – risultava danneggiata nei documenti del 1599. Dati i solleciti da parte del vescovo a provvedere, l’allora parroco di Morfasso, Ottaviano Nicelli, di famiglia benestante, nel 1625 decise di provvedere alla riparazione. Fece rinsaldare o rifondere la campana, ed è lecito pensare che lo fece presso le stesse fonderie a cui si rivolse lo scultore Francesco Mochi per realizzare i famosi cavalli di Piazza Cavalli a Piacenza. Sulla campana è ancora impressa la scritta “Octavianus Nicellus Morfassi reficiendam curavit”. Si è sempre detto che la campana avesse veri e propri poteri taumaturgici; prima veniva suonata semplicemente per avvisare di una grandinata in arrivo, ma a poco a poco si fece strada il pensiero che fosse il suono della campana stessa a tenerla lontane. Ho un ricordo di quando ero bambino: quando il cielo si anneriva, mia nonna mi diceva di andare a chiamare il campanaro per fargli suonare la campana e salvare così il raccolto di frumento. Per quel che posso testimoniare, in paese non grandinò mai.”
L’interno è stato affrescato di recente. Sotto al pavimento riposano gli abitanti del paese, che furono sepolti qui prima dei divieti napoleonici. “A dire il vero, continua Losi, anche quando entrarono in vigore non furono esattamente rispettati. Gli abitanti erano restii a portare i loro cari a Morfasso, così li seppellivano accanto alla chiesetta, e portavano al cimitero bare piene di pietre… ma la cosa non passò inosservata e dopo poco dovettero adeguarsi.”
San Lorenzo, scolpito nel gesso con la dalmatica, la graticola e la palma del martirio, suoi attributi iconografici tradizionali, attende paziente di essere condotto in processione. Ogni anno infatti, il 10 agosto, si celebra il santo patrono con una messa e una processione in paese, immortalata anche in un recente affresco dietro l’altare.
Alla sera, un concerto di musica classica diffonde le sue note dal piccolo sagrato dell’oratorio verso la valle e i monti sullo sfondo.
Località: Tiramani – 29020 Morfasso (Piacenza).
Aperture: l’oratorio è di norma chiuso. È possibile vederlo aperto e partecipare alla messa in occasione del Santo patrono, San Lorenzo, il 10 agosto.
Rimaniamo nel comune di Morfasso e procediamo verso Olza, questa volta con la guida di un altro grande appassionato conoscitore di storia e storie locali, Gian Francesco Tiramani. Appena superato il cartello della frazione, sulla sinistra scorgiamo un piccolo abside di pietra. Lasciamo l’auto e ci inerpichiamo, raggiungendo così l’oratorio dedicato a San Giovanni Battista, San Fabiano e San Sebastiano.
Le forme romaniche risalgono al periodo longobardo, quando l’oratorio era alle dirette dipendenze dell’autonoma Abbazia di Val Tolla (680-1480). L’ingresso volge a est e affaccia su un piccolo spiazzo curato: una grande quercia dalla perfetta simmetria lo sovrasta. A terra, ghiande e cucalle: mettersene in tasca una, si dice che porti fortuna.
L’abside è la parte meglio conservata: con la sua splendida tessitura delle pietre, si potrebbe rimanere a guardarla per ore.
L’oratorio è aperto raramente, di solito in occasione dei santi patroni: il 24 giugno, solstizio d’estate, per San Giovanni, e il 20 gennaio per i santi Sebastiano e Fabiano.
“Un tempo in occasione di San Giovanni si svolgeva una processione che oggi ha dell’incredibile, racconta Gian Francesco. “Celebrata la messa, si partiva di prima mattina da Olza, per dirigersi a Rocchetta, Sartori, i Guselli, discendere a Malvisi, Tiramani e Levei, accompagnati da canti e litanie. In ogni località il celebrante cantava un brano del Vangelo e impartiva la benedizione. Da Levei si riprendeva la strada e si ritornava ad Olza, dove si celebrava una messa solenne, per poi raggiungere Morfasso”.
Ad agosto però, quando tutto il territorio morfassino vede il ritorno degli emigranti, l’oratorio è il punto di ritrovo per fare una grande festa, all’ombra della sua splendida quercia.
“Originariamente l’oratorio non si trovava qui: un edificio precedente, risalente al VII secolo, sorgeva in maniera piuttosto inspiegabile 500 metri più avanti, fuori dall’abitato. La costruzione è stata distrutta senza lasciare traccia: oggi la sua presenza è ricordata dal toponimo: i locali indicano quella zona come “’l Gesù guast”.
Rimaniamo per un po’ in compagnia di Andrea e Gian Francesco, straordinari ciceroni, a contemplare l’orizzonte. Dal profilo delle montagne di fronte, emerge sicuro il Menegosa: la sua silhouette è inconfondibile. “È il simbolo della valle. Qui però la chiamiamo Menegora, in dialetto la Mengura, al femminile: ci piacerebbe che questa dicitura diventasse la toponomastica ufficiale”.
Località: Olza – 29020 Morfasso (PC).
Come visitarlo: l’oratorio è aperto saltuariamente. È possibile entrarvi e partecipare alla messa in occasione dei Santi Patroni, : il 24 giugno, solstizio d’estate, per San Giovanni, e il 20 gennaio per i santi Sebastiano e Fabiano.
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